Le Poesie dell’Olmo

Un libro prezioso quello di Olmo Losca, il compagno anarchico che ha pubblicato con la casa editrice francese della rivista Le Monde Libertaire, in versione bilingue, una raccolta di poesie scelte, tradotte e curate da Monica Jornet. Già dal titolo Le Poesie dell’Olmo è possibile scorgere un aspetto fondante della personalità del poeta, del suo percepirsi come singolarità tra le altre, elemento tra gli elementi, interconnesso ad ogni altra forma vivente e con pari dignità di esistenza. Refrattario ad ogni idea o forma di dominio, egli si muove sospinto da un senso di stupore e di totale empatia, che si traduce in rispetto profondo nei confronti della natura tutta, sempre pronto a opporsi, anche fisicamente, ai tentativi di oppressione del potere. In “Amanti senza potere” leggiamo “ogni cella celata / non può comprendere / l’amicizia/delle libellule scarne / che non conoscono Stato” e la poesia si chiude con la strofa “Non vogliamo potere / non cerchiamo consenso / refrattari per nascita / oppressi per diritto / amanti per sempre / della liberazione totale”.

In epigrafe al testo ci appare la dedica che Olmo rivolge a suo padre, che in realtà è la trascrizione di ciò che l’uomo disse al figlio poco prima di morire in un letto di ospedale dov’era stato confinato. Parliamo di Giulio Scapaticci, il pittore anarchico che per le sue idee ha vissuto l’orrore dell’esperienza manicomiale; fu tra i fondatori, negli anni ’50, di quel movimento pittorico definito “realismo esistenziale” del quale sono stampati, sulla seconda e terza di copertina del testo, tre dei suoi dipinti più toccanti. Una dedica che è un inno all’amore, alla solidarietà e alla lotta per la libertà, custodita come disagio radicato nel profondo dell’animo, come dolore, rabbia e volontà di riscatto da un mondo incatenato ai diktat di regole e norme bigotte. In “Camera 104”, una poesia rivolta al padre, scrive “attraversato guadi profondi / freddi come il ghiaccio sintetico / puliti come un anestetico all’alba / nato nella mia sola rabbia”.

Con un tale bagaglio di cognizione del dolore e dell’ingiustizia, Olmo scaglierà le sue “frecce in versi” (è il nome del suo blog) contro tutte quelle istituzioni che lo Stato utilizza come strumenti di coercizione per controllare, reprimere e arginare il dissenso: scuola, carcere, manicomio. Olmo è una persona semplice ma, come tutto ciò che è semplice, profonda, limpida e vera. Il suo desiderio di libertà permea ogni aspetto della sua vita, innanzitutto il suo modo di scrivere. Non troveremo, dunque, nelle sue poesie, alcuna regola stilistica imposta, quanto piuttosto un flusso che la coscienza sospinge all’esterno per necessità di comunicazione. In tal senso è senza dubbio un poeta sociale, mai chiuso nell’afflato lirico di un poetare consolatorio, ma sempre confuso e reso invisibile dalla presenza degli altri, degli oppressi.

La sua è una formazione decisamente libertaria e internazionalista. Insofferente ai confini, esplora culture lontane. Si avvicina alla poesia fin da adolescente e per istinto predilige una poesia “problematica”, mai accomodante. Scopre i poeti cinesi Tang, che già nel 900 d.c. avevano cominciato a occuparsi di critica sociale. S’immerge nella lettura dei poeti maledetti francesi, ama il tedesco Musham, il polacco Voiacek; si appassiona ai poeti latinoamericani, agli argentini Cortazar, Wilcock, Borges, ai cileni Jara, Bolano, Parra, al brasiliano Mendes. Ma ciò che lo investirà nell’intimo, come l’onda in un mare in tempesta, è quella poesia underground di cui l’urlo di Ginsberg rappresenta l’emblema. È lì che forse Olmo riconosce le potenzialità espressive della parola in versi, in quella poesia libera da ogni costrizione, quella poesia teorizzata negli scritti di Koch, Ashbery, O’Hara, che presero distanza dal New Criticism, fondato su asfittiche e rigide strutture, dando vita a una delle stagioni poetiche più anticonformiste della storia, con i versi di Cummings, Thomas, Corso, Keller, Whalen, Ferlinghetti…

Olmo fa sua la considerazione di una poesia che non è mai disgiunta dal contesto sociale, che è espressione della vita reale, da rappresentare come un processo che descrive il quotidiano attraverso un linguaggio comune. Una poesia intesa come atto spontaneo, non più vincolata ad una grammatica perfetta, ad una logica che debba seguire canoni prestabiliti, ad una metrica regolare e ad una coerenza forzata. Rifiuta l’idea, autoritaria, che l’intelletto debba disciplinare l’impulso: “Fate attenzione a chi delimita / il concetto di libertà / toccategli il petto… se non si solleva / neanche di un battito / è uno dei tanti morti viventi”. (Da “Nessun mandato”).

La possibilità dell’immediatezza, della spontaneità e della libertà da schemi prefissati, oltre che espressione di un divenire che non porta necessariamente alla risoluzione ed al compimento, è poesia sociale, anarchica. In questo senso Howl di Ginsberg è una forma aperta, come lo sono le poesie di Olmo. Inoltre, per rafforzare l’esperienza, Olmo si avvale di un particolare sincretismo, coniugando parola e musica. Nei suoi reading poetici la musica accompagna e fa da sottofondo ai versi. “La musica è poesia” – dichiara con forza – “spesso nella storia accade che le poesie siano tradotte in canzoni o che le canzoni stesse siano poesie. Ne è esempio Pietro Gori, poeta di grande spessore, ma anche Woody Ghutrie, senza il quale non avremmo mai avuto Dylan, Cohen, Brel, De Andrè”.

Noi anarchici non siamo adusi distribuire patenti di anarchismo, perché il pensier libero si sottrae sempre ad una schematica definizione. Eppure, non si può far a meno di riconoscere ad Olmo il suo essere anarchico a 360 gradi, anche e soprattutto quando, nei suoi versi, lo ritroviamo al fianco degli ultimi della scala piramidale della macchina antropocentrica. Un pensare, il suo, che allarga lo sguardo, evolve, rispetto all’anarchismo classico che, fatta eccezione per alcuni pensatori quali Thoreau, Reclus e Kropotkin, si rivolgeva a un mondo esclusivamente umano. Qui ci troviamo di fronte ad una consapevolezza nuova, che immette all’interno dell’anarchismo tutte quelle istanze che l’ottocentesco contesto politico, sociale e economico aveva escluso. La natura e ogni forma di vita senziente, compresi gli umani, lottano e oppongono resistenza al dominio, alle dicotomizzazioni gerarchizzanti ed Olmo, abitante discreto di questo pianeta, lo ribadisce in quanto attivista antispecista ed in quanto poeta, come in un altro verso di “Amanti senza potere”, quando scrive “Lottiamo non per loro, ma con loro”.

Maddalena Porcelli

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